Un Mondiale dai risvolti strani, a tratti inspiegabili, non finisce mai di stupire continuando a riservare incredibili sorprese: venerdì sera, il Brasile dato come potenziale vincitore del Mondiale già dalla vigilia, è stato eliminato dal Belgio del fuoriclasse Hazard.
Comune destino quello toccato ai tre (presunti) giocatori più forti del mondo Messi,Ronaldo e Neymar, cacciati prepotentemente via dalla Russia e dal torneo. Trattasi di giocatori che non possono essere messi in alcun modo un discussione, il cui talento è universalmente riconosciuto, che però, nel momento di prendere in mano la squadra, si chiudono in un guscio e cominciano ad uscire di scena.
I paragoni tra campioni del presente e campioni del passato continueranno a sprecarsi fino a quando i tifosi non riusciranno a riscontrare nei loro presunti idoli quel carisma e quella responsabilità che dovrebbe caratterizzarli.
Per carità, non che la si faccia facile, però questi ragazzi dovrebbero imparare ad essere più umili ed a dimostrare prima di parlare, pensiamo a Neymar, la promessa mai mantenuta: 3 tagli diversi di capelli in questo Mondiale, 2 gol. Nessuno, ripetiamolo, nessuno,vuole mettere in discussione la “libertà personale”” di O’Ney, ma il fatto di cercare costantemente, ed ad ogni costo, la copertina deve essere meritato, altrimenti si rischia di fare la figura dei pagliacci e non è più possibile disperare per critiche (chiaramente entro limiti ben determinati) che possano rivelarsi pesanti.
Ce n’è per tutti, o quasi. Non volendo, per motivi di obiettività additare Ronaldo che non lo merita, proprio perché il suo lo ha fatto in una squadra dalle risorse inferiori rispetto alle altre due, le critiche più ardue dovrebbero riguardare il giocatore indubbiamente più talentuoso del globo terrestre, Lionel Messi: così come il narratore nei Romanzi Veristi, anche lui si è estraniato dalla realtà in un momento in cui la confusione e lo smarrimento regnavano sovrani.
Non è possibile non prendere una posizione a riguardo, sottolineando che questa piccola invettiva non è finalizzata ad una critica isolata e vana, ma a porre in evidenza il fatto che bisognerebbe mutare atteggiamento, ricordando che a pallone si gioca in 11. Basta più cercare il capro espiatorio, ma basta anche, allo stesso tempo fare proclami ed assumersi a parole delle responsabilità, che in fatti, ahimè non si traducono mai.
Per essere campioni, e questa è legge di natura, bisogna dimostrare, non promettere.