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A differenza di ciò che si pensa, il “veganesimo” è una scelta alimentare – e in primis etica – che pone le sue radici – a proposito – già nel secolo scorso.
Fondatore di questo life style fu Leicester Donald Watson, un professore di inglese che il 1° Novembre 1944 capì chegli animali erano esseri senzienti e non inferiori all’uomo, per lui ogni creatura vivente aveva pari dignità e pari diritti e non doveva essere né uccisa né tantomeno sfruttata.
Negli ultimi decenni, il verbo di Watson si è diffuso in tutto il mondo a macchia d’olio, sono sorte, una dietro l’altra, associazioni “cruelty free” che hanno come obiettivi l’eliminazione del consumo di carne e lo sfruttamento ingiustificato degli animali. Alcune delle cause perseguite possono essere più o meno condivisibili, in un panorama eccessivamente consumistico, è giusto che vi siano persone capaci di porre un freno alle scelleratezze umane; bisogna sempre stare attenti però a non estremizzare alcuni elementi in maniera opposta e finire per ostacolare il progresso.
Ai fini di una maggiore comprensione, bisogna prima distinguere vegetariani e vegani:
I primi preferiscono adottare diete di origine prevalentemente vegetale, non disdegnando alcuni prodotti di derivazione animale (come ad esempio uova e latte), ciò che rifiutano categoricamente è il consumo di carne e prodotti della pesca; in realtà, a fianco al vegetaranismo, si è da pochissimo sviluppato un ulteriore stile di vita chiamato “pescetarianismo” in cui sostanzialmente si mangia tutto tranne che la carne – una estremizzazione, appunto –.
I vegani invece rifiutano in generale una dieta che abbia come oggetto la sofferenza animale, mirano quindi a vivere una vita in totale simbiosi con la natura, cibandosi esclusivamente di ciò che essa offre gratuitamente e benevolmente.
Ma è qui che si apre una voragine, siamo sicuri che le piante non sentano dolore?
Già agli inizi del ‘900, due botanici si accorsero che una carota, una volta tagliata, cominciò a contorcersi, come se provasse dolore. Nel 1960 poi, Cleve Backster decise impulsivamente di attaccare degli elettrodi alla dracena nel suo ufficio, innaffiò poi la pianta e aspettò per vedere se le foglie rispondessero. Scoprì non solo che la pianta aveva reagito ma che aveva anche percepito il pericolo; le piante, a quanto pare, reagiscono sul momento inviando dei segnali al loro corpo centrale così da attivare un processo di ripristino, – un po’ come quando viene amputato un arto ad un essere vivente, con la differenza che nella maggior parte dei casi, essi non sono dotati della funzione “ripristino” –.
È chiaro che rivelazioni di tale portata, risultano sconquassanti soprattutto per i vegani, dal momento che le fondamenta del loro credo, crollano come torri di carta.
Che sia giunta a termine l’era dei vegani?
Ai posteri l’ardua sentenza.