Il sonno rappresenta un processo fisiologico del sistema nervoso, importantissimo per gli esseri viventi: gli uomini, gli animali non riescono a farne a meno e perfino le piante riescono ad attuare qualcosa di vagamente simile; eppure la scienza dei processi biologici non è mai totalmente esatta, perfetta come potrebbe sembrare e Glenda non vuole altro che mettere in luce una falla nel “sistema” umano.
Lei è riuscita a riprogrammarsi e a sentirsi impeccabile, ad avere il controllo su se stessa, perché quindi non esercitare questa sua influenza sugli altri, sui propri pazienti per esempio?! Risulta chiaro però che, identificandosi come perfetta, non può certamente confrontarsi con individui del suo stesso spessore o tanto meno condividere la sua passione per la scienza con qualcuno, senza contare una qualsiasi predisposizione nell’ aiutare gli altri, vocazione da attribuire alla sua professione di medico.
Ecco quindi l’idea, utilizzata da tutte/tutti i Glenda del globo terrestre: sondare con le paure gli animi altrui, (eh no, Glenda non parliamo di sonde di DNA) trovare una crepa, procedere più a fondo, marciare gloriosi sulle ferite create e l’imperfetto è creat…svelato! Fin troppo facile essere perfetti.
Il problema o la fortuna è che siamo tutti un po’ imperfetti, come i pazienti della clinica del sonno di Glenda, con le nostre paure e fin troppo spesso deboli; la paura, però, così come il sonno, è fisiologica, naturale. Risulta difficile rendersi conto che sia un meccanismo di difesa, il pretesto giusto per chiedere aiuto, colmare le crepe, riacquistare forza, fare pace con il passato.
Dopo un periodo buio, senza sonno e senza sogni, i pazienti Nicky, Adam, Sarah e Jane riescono ad essere liberi dalla loro oscurità quando cominciano ad esternare le proprie emozioni al giornalista Terry Lower, deciso a fare chiarezza sulla misteriosa morte del tirocinante Patrick West. I personaggi, riescono anche comunicare fra di loro e si rendono consapevoli della gabbia mentale creatasi nelle loro menti (costruttore principale: Glenda, coadiuvata dalle paure dei ragazzi, passati troppo scomodi con cui convivere, tanti errori da perdonarsi).

È una catena umana, quella con cui si fanno forza i personaggi, con cui riescono a vincere la paura più grande di tutte: la paura di ricominciare e di reinventarsi. Patrick, di contro, proprio non ce l’aveva fatta a sostenere il pesante carico della consapevolezza: dei soprusi che la dottoressa riserbava ai suoi pazienti, delle violenze fisiche con le quali seviziava Jane , “in nome della ricerca”. Ne parla con la sua amica Becky per poi abbandonarsi al gesto estremo del suicidio.
Un finale di speranza è concesso anche per Glenda.

Gli spettatori avranno sicuramente maturato per questo personaggio, per la maggiore, sentimenti tutt’altro che positivi: avversione, diniego, disapprovazione eppure uno sprazzo di compassione non le viene negato.
La bellezza dello spettacolo “Sleeping” sta nelle possibilità concesse, mai negate, nel sipario che si alza per i sentimenti veri, autentici, puri ma anche per quelli contaminati;

sta nell’irruenza del violento padre di Glenda che spacca i tavoli e che, dopo qualche scena, si abbandona ad uno struggente pianto liberatorio;
sta nella determinazione e nel coraggio di Becky nel voler aiutare i pazienti a liberarsi;

sta nell’ improvvisa empatia instauratasi con ogni personaggio; sta nell’avere l’impulso di salire sul palco per assicurarsi che gli occhi di Jane non abbiano sofferto troppo, costretti all’ immobilità da spilli, costretta lei stessa all’ immobilità fisica e mentale.
Se “ il sonno della ragione genera mostri”, il regista Roberto Costantini e tutto il cast sono riusciti a trovare l’equilibrio perfetto tra ragione e sentimenti. La ragione nello spettacolo non “dorme” troppo, lasciando tanto spazio al caos dei turbamenti dell’anima.
L’iper razionale Glenda con la sua fredda imperturbabilità spara al padre, lo stomaco dello spettatore si contorce. È bello rendersi conto di non essere riusciti, comunque, a condannare.
Un fiore viene lasciato sulla tomba di Patrick, la speranza che il male possa trovare la via del bene fiorisce negli occhi del pubblico.